E cosi' e' arrivato. Il momento che gli Aborigeni predicevano, gli scienziati avevano studiato e che molti paventavano.

Australia, The Lucky Country.

Il continente vergine dalla bellezza primordiale selvaggia e sconvolgente, migliaia di chilometri di costa intonsa, milioni di ettari di foresta antichissima, aria cristallina, mari trasparenti, biodiversita' a gogo.

Sono bastati tre mesi, un attimo cioe', per cambiare l'Australia per sempre.

Il paese che da 30 anni non aveva avuto recessioni ma crescita continua per la sua posizione centrale nel sud est asiatico, il paese che aveva le quattro maggiori banche tra le piu' forti al mondo, stipendi altissimi, industria edile in continua ascesa, e' ora in ginocchio.

Incendi devastanti hanno a tuttora ucciso 28 persone (evacuate100.000), distrutto circa 2000 case, milioni di animali e di ettari di terra.

E non sono ancora finiti questi megaincendi che, come antiche divinita', hanno una propria volonta' e intelligenza, creano microclimi e temporali di fuoco saltando fiumi e pianure glabre per ricongiungersi con i loro grandi fratelli.

Non si riesce a fermarli. Si resiste aspettando la pioggia, alcuni pregano, altri fanno danze propiziatorie, i vigili del fuoco grandi eroi del momento si gettano tra le fiamme per salvare almeno le vite umane.

Immagini scorrono in tv che ricordano scene della seconda guerra mondiale: sfollati che si imbarcano sulle navi con le fiamme alle spalle, paesi rasi al suolo, elettricita' e acqua tagliati, code per l'acquisto di cibo, centri di accoglienza con materassi per terra e zuppa calda.

Ma anche i lamenti strazianti degli animali in fuga che tormentano i sonni dei sopravvissuti, intere distese di terra nera con migliaia di canguri, di koala, di possum, di wombat carbonizzati.

Si cercano le ragioni di tutto cio', si dibatte, si accusa, ci si dispera, ci si stringe tutti insieme, dalla guerra del Vietnam in poi gli australiani non sono stati piu' cosi' interessati alla politica come ora.

E il governo? Cosa fa, cosa ha fatto il governo conservatore australiano in questi lunghi, lunghissimi tre mesi?

Se ne e' andato in vacanza. Non solo il primo ministro federale alle Hawaii e il ministro per i servizi di emergenza del NSW in Europa ma tutto il corpo dirigente si e' assentato alla grande.

Questo perche', nonostante la schiacciante letteratura scientifica sul Climate Change e le sue devastanti conseguenze, nonostante i risultati di importanti ricerche (es.la Garnaut Climate Change Review sulla specifica situazione climatica australiana che prediceva 12 anni fa un aggravamento degli incendi dal 2020 in poi), il governo attuale non crede, suona ridicolo dirlo ora, non crede alle prove scientifiche di stragrande maggioranza. Parla straparla si difende ma non ci crede veramente

Non solo. Crede ancora (e in questo purtroppo il partito di opposizione laburista gli si accoda pur se con dei confusi distinguo) che l'industria mineraria debba andare avanti, incurante del vizio di fondo che sia appunto questa una concausa del Climate Change. Crede ancora che l'energia alternativa sia una fantasia dei Verdi e non una necessita' ormai impellente. Che gli Aborigeni debbano stare zitti e buoni invece di essere gli esperti millenari dell'uso e controllo dei fuochi nelle immense distese di bush.

Se n'e' tornato cosi' alla chetichella questo primo ministro con il suo governo conservatore che tiene detenuti nelle isole penali i richiedenti asilo e non vuole includere nella Costituzione, datata 1901, The First People, gli aborigeni australi che vivono nell'isola piu' grande del mondo da almeno 60.000 anni. E ha cominciato ad elargire soldi a man bassa dopo il suo ritorno Scott Morrison, ScoMo ormai per tutti, come se i soldi potessero cancellare la distruzione, farla dimenticare a tutti quelli che l'hanno vissuta.

E noi?

Noi italiani che avevamo lasciato la vecchia Europa negli anni '80 in cerca di avventura, di spazio verde e liberta', noi che sognavamo l'isola misteriosa, l'isola che non c'e', noi che eravamo arrivati quando il governo laburista di Hawke e Keating era appena stato eletto e la vita era bella, noi che amavamo l'Australia dimenticata da Dio e dagli uomini e fuori dai circuiti di potere, dove la vita era easy e la nazione era lucky, le case costavano poco e il lavoro si trovava sempre, il multiculturalismo era in voga unico al mondo e i Verdi si tuffavano con i surf per fermare le navi da guerra americane, noi giovani di sinistra in fuga, noi gay, noi ambientalisti, noi che credevamo in un mondo migliore, abbiamo assistito attoniti anno dopo anno alla lenta inesorabile trasformazione di questo paese in una potenza internazionale al centro dell'area di maggior sviluppo economico degli ultimi anni. L'economia unica religione, sempre piu' miniere aperte, investimenti esteri, immagine internazionale piu' aggressiva ma sottomessa agli americani, l'Australia conosciuta un tempo per il suo atteggiamento aperto ed accogliente nei confronti dei boat people, ora ricca, molto ricca e terribilmente egoista.

Noi ora siamo a testa china, sgomenti ed increduli che quanto avevamo letto sui saggi scientifici, quanto avevamo temuto in questi trent'anni pieni di colpi di scena ma sempre sperato che fosse di la' da venire e che percio' la vita potesse essere ancora bella e non come ora invece fosse un'orribile realta'.

Siamo anche pero' profondamente incazzati.

In parte con noi stessi, per non aver fatto di piu' sapendo del rischio possibile, rimasti spesso alla finestra a guardare, a giudicare senza rimboccarci le maniche, noi che avevamo l'esperienza della vecchia Europa, delle lotte politiche degli anni '60-'70 e che percio' sapevamo.

Ma non solo noi .

Questi fuochi crudeli e ipnotici hanno creato comunita', hanno costretto gli australiani di tutte le razze, eta', religioni, ceti sociali, a unirsi nella protesta perche' l'aria, l'acqua, la flora e la fauna non hanno barriere ideologiche e siamo tutti stati colpiti da quest' ira grande della madre Terra.

E cosi' la speranza nella disperazione rinasce e la gente parla, discute, si arrabbia, fa progetti e poi si abbraccia e sorride. Riusciremo a combattere la battaglia di Davide contro Golia? Il piccolo popolo australiano contro le grandi multinazionali che come avvoltoi stanno a guardia delle miniere e non sono disposte a mollarle? Riusciremo a far capire al resto del mondo che quello che sta succedendo in Australia in maniera eclatante, chiara ed inequivocabile, e' l'antipasto di quello che probabilmente succedera' anche altrove? Che l'ambiente e la sostenibilita' ambientale sono adesso al centro del discorso e al tempo stesso la cornice ormai necessaria per qualunque progetto politico/economico?

E che questa e' oramai una strada senza ritorno.

 

Sydney 12 gennaio 2020

Vittoria Pasquini

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